Franca Alaimo
- 28/04/2014 00:01:00
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adesso ho capito. Ho dedicato una silloge intera a quattro mendicanti che incontravo spesso vicino una delle molte case che ho abitato,e con i quali mi piaceva conversare. Loro mi raccontavano delle storie molto belle. Anche qui, dove abito adesso, ho per amico un mendicante, Antonio, un uomo di origine spagnola con due occhi blu come lOceano che è rimasto la sua vera nostalgia, e che si accoccola accanto allingresso di una libreria con il suo cane Bimbo. Anche lui mi ha regalato una storia molto bella. Per quanto riguarda labbandono, ne ho sperimentati tanti, fin dalla nascita. In questo senso siamo un po tutti mendicanti. Quanto allabbandono in cui sono lasciati gli ultimi, è qualcosa di cui tutti dovremmo sentire rimorso. Eppure alcuni di questi mendicanti mi hanno raccontato di avere scelto questa forma desistenza. MOlto saggiamente hanno abbandonato loro il mondo, per cui a volte penso che i veri mendicanti sono i ricchi, perché hanno scambiato il denaro con lamore e con la gioia per la vita in sé. Comunque, adesso che ho capito il tema della tua poesia, lho riletta e lho apprezzata molto di più e, soprattutto mi sono arrivati dolore e pietas. Grazie, Alessandro!
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Franca Alaimo
- 24/04/2014 18:54:00
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La leggo e la rileggo, Alessandro, e mi vengono incontro una suggestione di bellezza offerta dal tuo testo e un pensiero in bilico fra lessere così come si è e il come si vorrebbe essere quale filo ocnduttore. Ma la natura compositiva del testo spezzato nei suoi nessi logici mi spiazza non poco: da una parte lirrigidemento dentro cappotti chiusi, dallaltra una mano tesa verso i cani che non capiscono il perché del gesto. Qual è il tema? La diffidenza verso lamore?
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Lorenzo Mullon
- 24/04/2014 17:16:00
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quanto è intimo il dolore a dipartire, stiamo aspettando il grande tonfo della mente perché una mano è tesa, e loro ci viene offerto, ma noi tardiamo, tardiamo sempre
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